Carlo Arata, nato a Bardi il 15 settembre 1919, militare inquadrato nel 26° Battaglione camicie nere (80° legione CCNN "Farnese"), riporta in questo lungo e puntuale resoconto i fatti che lo hanno riguardato dopo l'8 settembre '43 sul fronte albanese: catturato dai partigiani, datosi alla fuga e sbandato, fu rastrellato dai ballisti e consegnato a tedeschi, quindi adoperato nel lavoro coatto. Malato fu rimpatriato in Italia.
Alla data dell'8/9/1943 si trovava al proprio reparto dislocato a Berat (Albania), che vi restò sino al 16/9/1943, data in cui tutto il reparto si mosse per il rimpatrio a marce giornaliere e diretto in Macedonia dove avrebbe raggiunto la ferrovia. Dopo otto giorni di marce e precisamente il 24/9/1943 tra le località di Oukes e Prenjs, in un punto in cui la strada di fondo valle è strettamente incassata fra le valli, il reparto veniva circondato da partigiani albanesi ai quali cedeva le armi senza combattere e veniva da questi accompagnato, attraverso i monti, a marce forzate, alla base partigiana di Cirmenika (S. Giorgio). Qui ci venne posto il dilemma: "o combattere al fianco dei partigini contro i tedeschi e gli italiani che resistevano, o essere posti a lavori agricoli presso le famiglie montanari albanesi". Quasi tutti, compreso il sottoscritto, per non rendersi colpevoli di impugnare le armi contro i fratelli italiani, si accettava la seconda proposta.
Venimmo suddivisi in vari scaglioni ed accompagnati a visitare vari villaggi per trovare lavoro. Il sottoscritto venne lasciato a lavoro presso una famiglia di Matia in data 18 ottobre 1943; ma dopo due giorni dovette darsi alla fuga per non essere catturato dai ballisti (fascisti) albanesi, e si fermava in una località tra i villagi di Karbunara e Dragol.
Il giorno 23/10/1943 da questa località veniva accompagnato da un albanese al villaggio di Turbut dove fu occupato in lavori agricoli sino al 2/11/1943, data in cui dovette di nuovo fuggire perché si avvicinavano i reparti tedeschi in rastrellamento, e si fermava al villaggio di Deshiran presso altra famiglia albanese.
In data 22/11/1943 era costretto a fuggire anche da tale villaggio perché i tedeschi rastrellavano la zona, passava a guado il fiume Devoli e si fermava al villaggio di Mollas. In questa località non gli fu possibile trovare lavoro e con altri dodivi soldati italiani, tra cui ben ricorda il Maresciallo Maggiore dei RR.CC. Dulcetta Paolo e l'artigliere Druetta Antonio, doveva subire l'enorme umiliazione di chiedere l'elemosina agli albanesi per poter vivere e per ben 27 giorni, cioè sino al 19/12/1943, sotto questa data, unitamente al citato Maresciallo, aderiva volentieri all'invito di un albanese di recarsi a lavorare al villaggio di Mortaes, a 30 Km di distanza presso la famiglia agricola di Cerim Arapi, e qui restava sino al 31/12/1943.
In tale data veniva rastrellato dai ballisti (fascisti) albanesi armati e costretto, da essi accompagnato, a recarsi al Comando tedesco di Elbasan dove veniva posto in campo di concentramento in data 2/1/1944. Qui era trattenuto prigioniero sino al 10/1/1944, data in cui veniva portato al campo di concentramento di Kavaja (N° 05149), dove rimase sino all'8/3/1944.
In questa data, con altri 70 soldati prigionieri, venne portato a lavorare in palude tra Valona e Fieri presso lafoce della Vojussa e vi restava sino al 23/3/1944, data in cui, assalito da violenti attacchi malarici, venne portato all'ospedale militare italiano di Tirana controllato dai tedeschi ed ivi rimaneva ricoverato sino al 26/6/1944.
Sotto questa data veniva imbarcato sulla nave-ospedale Tubingen e sbarcava a Trieste il 30 giugno 1944, dove veniva ricoverato in quell'ospedale militare. Da qui, in data 7/7/1944 veniva fatto proseguire per Mantova dove giungeva l'8/7/1944 e ricoverato in una vecchia caserma (Caserma Calvi) dove restava sino al 12/7/1944, data in cui fu trasferito all'ospedale civile di Mantova, adibito anche per prigionieri militari. Qui restava sino al 19/7/1944, data in cui veniva finalmente dimesso munito di foglio di riforma.
Giungeva a casa in famiglia il 20/7/1944, allora sfollata a Monticelli di Montechiarugolo. Molto malandato in salute, restava in famiglia senza potersi occupare sino al 20/11/1944, data in cui si impiegò presso il Comune di Parma dove presta tuttora servizio.